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Che paura, il malato!

Il mancato referendum mi dà l'urgenza di scrivere due righe, di cui potrete tranquillamente disinteressarvi visto che non sono un'influencer né potrei entrare nei tecnicismi giuridici adorati da Linkedin.

Prima di tutto, chi ha avuto la sfortuna di avere a che fare con una persona malata ha imparato la prima, importantissima, regola. È un segreto che si scopre solo quando si dorme in una branda in ospedale al suono delle macchine che monitorano un proprio caro. Ossia: vietato morire!

Una volta un'insegnante ci disse che il pensiero della morte è soggetto a una forma di "controllo" da parte della nostra psiche. Questo controllo fa sì che noi possiamo parlarne, maneggiarla come una pallina di Pongo ma, di base, non farci divorare dalla consapevolezza della sua ineluttabilità che, diversamente, ci getterebbe nell'abisso. Se fosse così, se fossimo nell'abisso, saremmo degli esseri paralizzati dal panico che passano i giorni in attesa che si verifichi il fatto stesso, il quale poi porebbe fine a tutta questa manfrina.

Solo che il malato, per malato intendo il moribondo, ha una colpa: ti ci mette davanti e ti obbliga a guardarla in faccia. Ecco che, per i sani, sfidarla diventa la missione; sfuggirle significa negarne l'esistenza.

Ma lui, il malato, non ci sta perchè vive in un altro emisfero rispetto a te. Infatti, a un certo punto, ti dice qualcosa che ha a che vedere con il "tornare a casa". Tuuuutti i malati, in ospedale, a un certo punto dicono che vogliono tornare a casa. Nessuna persona vuole stare in ospedale troppo a lungo. Quando poi a chiederlo è una persona che ha poco davanti, significa che nel momento impronunciabile, proprio QUEL MOMENTO, vorrebbe vedere casa propria, i propri paesaggi dalla finestra e non una replica di Paperissima Sprint in un televisore con il tubo catodico e l'odore di disinfettante nelle narici. Significa che ha deciso che è arrivata l'ora e stop.

Il Referendum sull'Eutanasia, sostenuto da così tanti e tanti italiani, si gioca nello stesso emisfero. Se una persona ama tanto tanto tanto la vita ma, nonostante questo, arriva a chiedere di morire, allora forse sta davvero soffrendo infinitamente. Per noi immagino che sia impossibile capirlo. Per me, almeno, lo è. Però mi sono ricordata che una persona che amavo a un certo punto chiese all'infermiera che la "lasciassero andare". Per me era inconcepibile, lottavo per averla ancora a lungo nella mia vita, ma sapere che era pronta mi diede un senso di pace.

Forse questo referendum ha dei risvolti anche sulle persone che sono attorno al malato e che non possiamo non considerare. Un diritto che investe tanti aspetti della vita che il malato tanto ama, così profondamente ama e rispetta da aver capito che il suo tempo naturale è finito e non vuole farne uno scempio.

Lungi da me affrontare aspetti politici della cosa che proprio non mi interessano nemmeno lontanamente, ma se vediamo qualcuno soffrire in televisione, empatizziamo (a meno che non siamo dei sadici). Poi cambiamo canale. Ma se a soffrire è qualcuno che amiamo, l'impotenza ci farebbe mettere a gridare. Faremmo di tutto per levare quel dolore da quella persona e invece non possiamo fare nulla. Ecco, questo forse può far capire la consistenza e il peso di questo tema. Se alziamo gli occhi dal nostro piccolo spazio personale e proviamo per un attimo a immedesimarci nelle vite altrui, potremo forse avere un po' di pietà e arrivare a capire le ragioni profonde di questa battaglia.

Anche quando non è la nostra.

Author: Eleonora Dusi

Co-founder di COASTER. Sono una advisor per le PMI e la mia passione è realizzare per loro dei progetti di sviluppo che coinvolgano non solo i numeri, ma anche tanta sostanza. Mi muovo agevolmente nel mondo delle imprese familiari, dell'arte, delle società sportive - in alcune delle quali ricopro incarichi - e della micro-impresa. Citazione: "La vita è sostanzialmente tragica, ma a volte riesce a essere meravigliosa".

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